La rappresentazione del tempo nel mondo Greco Antico e nella
fisica moderna: similitudini, differenze e riflessioni.
"Un'ora, non è solo un'ora, è un vaso colmo di profumi, di suoni, di
progetti, di climi" (Marcel Proust, Alla ricerca del tempo perduto)
Nel presente lavoro si vogliono evidenziare le analogie e le
differenze tra il concetto di Tempo nel mondo antico Greco e quello
che emerge nella fisica moderna, in particolare alla luce della
rivoluzione quantistica dell'inizio del secolo scorso, dei modelli
cosmologici e delle moderne teorie di unificazione. In particolare, si
vuole affrontare il concetto puntuale, lineare e circolare del tempo
nell'ottica degli antichi miti greci e confrontarlo con il concetto di
tempo emerso nel corso dello sviluppo della fisica.
Nell'antica grecia, fin dall'inizi di quello che è considerato il
pensiero filosofico occidentale, ci si è accorti che il tempo non si
presentava alla mente e ai sensi dell'uomo come ogni alta grandezza
che lo circondava: benchè fosse infatti misurabile, non poteva essere
percorso che in un senso e l'applicazione di analogie con lo spazio
dava luogo a particolari paradossi (come il famoso paradosso di
Zenone, della tartaruga e di Achille), che ne sottolineavano la
natura, apparente o realte, del tutto differente dalle altre grandezze
della natura. Il mondo greco ha così subito legato il concetto di
tempo a una sua rappresentazione geometrica ma anche a una percezione
mentale, creando un "diverso" tempo a seconda dell'oggetto trattato:
vi era così la dimensione umana del tempo, rappresentato da una retta
e protetto dalla divinità Kronos, che aumentava in modo lineare e non
poteva essere fermato. Così come era inevitabile che il tempo degli
Dei (l'età dell'Oro) terminasse per lasciare il posto al tempo degli
uomini, così era inevitabile che ogni cosa invecchiasse e morisse, in
un eterno viaggio su una retta senza fine. Non essendo gli dei come
gli uomini: poichè eterni e immortali, essi dovevano vivere in un
tempo diverso, un tempo perfetto, fatto di un eterno e fecondo
istante, un punto che si non muoveva, non si evolveva, perchè era il
tempo giusto, chiamato e divinizzato in Kairòs, il Tempo Giusto, il
Tempo di Dio. In quel tempo per gli dei ogni cosa appariva dispiegata,
in una perfetta analogia fra i tempo e lo spazio puntuale che contiene
ogni cosa e che è eterno. Infine, c'era poi un altro tempo, quello
mitico, quello degli eroi, dove un ciclo si compiva e si richiudeva in
se stesso: gli eroi compivano gesta, agivano, lottavano, vincevano e
morivano, ma la loro storia era senza tempo, non collocabile nella
linea di Kronos, perchè le loro gesta sopravviveno allo scorrere
inesorabile degli eoni. Il tempo mitico era un cerchio, descriveva un
attimo eterno, un movimento perfetto e immortale, avvenuto fuori dal
tempo ma con una sua struttura temporale: era Aiòn, l'eterno momento,
l'intersezione ortogonale fra il tempo e lo spazio.
Anche nella storia della fisica il concetto di tempo si è mostrato da
subito dissimile da quello di spazio: le motivazioni scientifiche
erano le stesse che spinsero gli antichi a considerare il tempo
qualcosa di fondamentalmente diverso dallo spazio, benchè con esso
collegato. Nella celebre e prima equazione della storia della scienza,
F=ma, il tempo e lo spazio diventavano indissolubilmente legati
tramite il concetto di movimento: il tempo apparve come un parametro,
una freccia che solo per un accidente, solo grazie a un'osservazione
sperimentale, risultava andare sempre nello stesso verso, ma che nel
modello meccanico dell'Universo poteva benissimo "riavvolto" senza
creare scompensi. Poi venne il momento nel quale chimica e fisica si
avvicinarono, nella termodinamica: nello studio della trasformazione
delle sostanze, del loro moto e della relazione di elementi
microscopici (molecole) con grandezze macroscopiche (pressione,
temperatura, volume), emerse prepotente una nuova grandezza,
l'entropia, la misura dell'ordine di ogni cosa, che apparve subito
legata al tempo. Così come il tempo dell'universo appariva una freccia
con una direzione fissa (e apparentemente arbitraria), così l'entropia
dell'universo andava sempre in una direzione, dall'ordine al
disordine, in modo non arbitrario ma naturale: fu la prima volta che
il tempo appariva "per forza" orientato in qualche modo, ma pur sempre
legato al concetto di "movimento" di un sistema termodinamico. Nel
secolo scorso, il tempo (come la fisica tutta) venne spezzato in due,
tra teoria della relatività e fisica quantistica: la prima legava
indossolubilmente lo spazio e il tempo, concedendo a entrambi le
medesime caratteristiche e legandoli alla geometria dell'Universo,
mentre la seconda di nuovo enfatizzava la differenza fra ciò che era
spaziale (e quantizzato) e ciò che era temporale (e quindi continuo):
come le due visioni possono trovare una conciliazione è ancora oggetto
di uno studio affascinante e continuo.
Lo scopo di tale lavoro, oltre che presentare in modo non rigoroso ma
essenziale questi punti di vista (mitico e scientifico), è
evidenziarne analogie e differenze, portando la riflessione
sull'eventualità di un tempo "a spirale".