Annuario del Centro Studi Umanista Mondiale (1995)

TENDENZE UMANISTE NELLA CIVILTÀ EURASIATICA DEL NORD-EST (RUSSIA) dell’Accademico Serguei Semenov

Mosca, Dicembre 1995

Possiamo denominare questa zona del continente europeo e asiatico la regione dell’Oceano Glaciale Artico, perché tale oceano determina le sue condizioni meteorologiche e climatiche; i suoi principali fiumi sfociano in questo oceano o sono collegati con il sistema di tali fiumi. Le montagne degli Urali che separano l’Europa dall’Asia formano l’asse naturale di questa zona, aprendo un vasto spazio ai venti del nord in tutta la sua estensione. Questa zona popolata fin dall’antichità da diverse etnie è la zona dei contatti intensivi tra queste etnie e altre provenienti dall’occidente e dal sud. A causa della sua situazione geografica e climatica, a causa dei suoi rilievi, questa zona, che fino agli Urali sperimenta anche l’influenza mitigante dell’Oceano Atlantico e della sua corrente del Golfo, è sempre stata zona di grandi migrazioni umane. Così nel nord-est eurasiatico si formarono varie culture di frontiera che sono, in questo o quell’aspetto, prodotto di sintesi culturale millenaria o secolare.

La diversità culturale, soprattutto religiosa, i numerosi contatti con le culture dell’occidente, dell’oriente e del sud da tempi remoti, contribuiscono alla comprensione dell’universalità del genere umano e della genesi ed estensione di diversi elementi dell’umanesimo. Per l'esattezza, attraverso questa regione varie ondate migratorie permisero di popolare l’America del Nord e del Sud, attraversando lo stretto di Bering. La base per comprendere la tendenza umanista nelle culture dei popoli che abitavano e abitano questa regione è data dal folklore. Nelle canzoni in rima, nei racconti, nelle leggende di vari popoli ci sono motivi umanisti che condannano le discordie tra le tribù vicine, innalzano l’amicizia tra di esse e vedono nel lavoro pacifico dell’agricoltore e del pastore o del pescatore il merito più grande dell’uomo. Ma nelle sue origini l’animismo imperante nella coscienza sociale dissolveva l’essere umano nella natura e nella comunità, il che intorpidiva la formazione degli elementi umanisti propriamente detti. Con il trionfo del cristianesimo nell’Impero Romano la tendenza umanista si apre il passo nell’inquadramento dell’ideologia cristiana. Il cristianesimo si estende sulla costa del Mar Nero dal secolo II e in Transcaucasia dal secolo III. Nel secolo VII attraverso il Caucaso e l’Asia Centrale questa zona sente l’influenza dell’islamismo che contiene anch’esso elementi umanisti. Nell’anno 809 il giudaismo fu dichiarato religione di stato nel Kanato di Jazaria, che univa le tribù delle steppe (pianure) della zona dei mari Caspio e Azov, del Volga e del Nord del Caucaso. Gli Jazari scacciarono da questa zona gli Abari nel VI secolo e il loro nome è conosciuto fino all’XI secolo. Il loro stato era il primo a inserire in questa religione la tradizione della tolleranza religiosa, il che contribuiva alla stabilità politica e alla durata secolare di questa formazione statale. All’interno del Kanato degli Jazari, che era multietnico, coesistevano pacificamente il giudaismo, il cristianesimo, l’islam e il paganesimo. Quando nel X secolo nacque lo stato della Russia di Kiev, il suo principe Vladimir adottò il cristianesimo di rito orientale greco e distrusse i centri religiosi pagani. L’élite politica di questo stato, come nella Bulgaria del Danubio, non era slava, ma fu assimilata subito dagli slavi. Dopo l’evangelizzazione, nelle fila di questa élite si integrò un altro elemento esterno: gli ecclesiastici provenienti dall’Impero Bizantino. Tutti loro usavano l’idioma slavo ecclesiastico come mezzo di comunicazione culturale, ma forse tutte queste circostanze provocarono il divorzio culturale tra l’élite e il popolo che usava un’altra lingua e si trovava sotto l’influenza del paganesimo nella sua vita quotidiana fino al XVII secolo.

Ora i propagandisti del messianismo russo e dell’isolamento politico e culturale della Russia affermano che tutte le disgrazie della Russia sono dovute alle riforme di Pietro il Grande che, secondo loro, separarono l’élite europeizzata dal popolo. Tuttavia tale separazione esisteva fin dai tempi del Principe Vladimir. Pietro I cambiò solo l’orientamento dell’élite di stampo bizantino, ormai obsoleto, allo stampo avanzato dell’Europa occidentale, che assicurava l’accesso alla scienza e alla tecnica e con questo accelerava lo sviluppo della Russia. Disgraziatamente le riforme di Pietro I e le trasformazioni successive non eliminarono il lavoro forzato della maggioranza assoluta della popolazione del paese. In questo modo, cambiando l’apparenza, il potere manteneva l’essenza del regime obsoleto e con questo la sraordinaria arretratezza del paese.

La servitù del popolo e il dispotismo politico erano gli ostacoli principali per l’apparizione della personalità libera e della società civile, per l’estensione delle idee e dello stile di vita umanisti. Ma in questo periodo troviamo elementi umanisti nell’attività e nelle opere di vari collaboratori dello zar Pietro I, come lo scrittore e storico Feofan Eleazar Prokopovich (1681-1736), rettore dell’Accademia Kievo-moguilianskaya (1632-1817), poi tra i fondatori dell’Accademia delle Scienze della Russia (1724), vicepresidente del Sinodo della Chiesa Russa. Egli fece i suoi studi a Kiev, in Polonia e a Roma.

La coscienza storicista ricevette una grande spinta con i lavori di Prokopovich e anche dello storico Vasili Tatishev (1686-1750) e del poeta e diplomatico Antioch Kantemir (1709-1749). Essi vedevano nell’educazione e nello sradicamento dell’ignoranza la ragione della loro vita. Kantemir scrisse undici lettere sulla natura e l’uomo. Questa attività preparò il terreno per l’apparizione della figura del grande naturalista e filosofo accademico Mijail Lomonosov (1711-1765), che svolse un ruolo principale nella fondazione dell’Università di Mosca.

I motivi umanisti, propri del secolo dei lumi, suonano nell’attività giornalistica e editoriale del noto scrittore russo Nikolai Novikov (1744-1818) e del filosofo e scrittore Alexander Radisgev (1749-1802). Novikov fu il primo editore privato di varie riviste satiriche e per la prima volta nella storia della Russia fondò il sistema di stampe private e la rete di distribuzione di libri e riviste per il popolo, magazzini di libri in sedici città, scuole e biblioteche popolari. Radisgev fu il primo filosofo russo del XVIII secolo che nel suo trattato “sull’essere umano, la sua mortalità e immortalità” non professava illusioni proprie degli illuministi del suo secolo. Egli cominciò ad analizzare le tragiche contraddizioni della natura umana, che riflettevano il fallimento delle speranze di stabilire un regime sociale giusto per mezzo delle rivoluzioni politiche e, allo stesso tempo, giunse alla comprensione dell’inconsistenza delle riforme dei monarchi illuminati (che mandarono in carcere e in esilio entrambi i pensatori).

Sotto il segno di questa visione tragica della storia contemporanea si sviluppava il pensiero filosofico-sociale nella letteratura e nell’arte della Russia nel XIX secolo, che era caratterizzato da un'acuta critica della realtà sociale della Russia e dell’Occidente. Questa visione critica e umanista era propria dell’opera del grande riformatore della lingua letteraria russa, il geniale poeta e drammaturgo Alexander Pushkin (1799-1837), e del suo amico, il poeta filosofico-lirico Evgueni Boratynsky (1800-1844). Il tema dell’essere umano, delle sue allegrie e sofferenze, del suo destino, delle sue virtù civiche, occupava il posto centrale della loro poesia, della loro opera letteraria e di tutta la loro vita. Essi condannavano il dispotismo e cantavano la libertà.

Il filosofo russo Piotr Chaadaev (1794-1856) fu influenzato dal cattolicesimo, ma elaborò una sua concezione originale. Concepiva l’umanità come unità organica i cui elementi sono le nazioni e le personalità. Chaadaev sognava un futuro di “solo popoli di fratelli”, parlava del divorzio tragico tra l’uomo e la natura e chiamava a superarlo per mezzo dell’armonizzazione delle nazioni e della formazione della personalità colta e moralmente perfetta. Nei suoi lavori (la maggior parte dei quali non fu pubblicata) si fa una critica rigorosa della servitù della gleba e della società russa e della sua storia, del suo isolamento dal processo storico universale. Egli vedeva il vizio principale della società contemporanea nell’infrazione dell’unità del genere umano, nella tragica separazione tra gli uomini e i popoli, nell’assenza del senso della volontà universale. Chaadaev non credeva nella capacità della religione di condurre i popoli verso la società ideale.

Lo scrittore e filosofo russo Alexandr Herzen (1812-1870) era la personificazione dell’umanesimo democratico. Lo scrittore e drammaturgo Nikolai Gogol (1809-1852) cercava di affermare ideali umanisti e democratici attraverso racconti basati sui miti, sulle leggende e sul folklore del popolo ucraino e creava immagini satiriche, condannando la servitù della gleba e la democrazia dell’Impero Russo. In racconti “fantastici” espresse la sua solidarietà con l’uomo semplice. La sua opera inizia la formazione della cosiddetta scuola naturale nella letteratura russa e afferma i suoi principi umanisti e democratici.

L’umanesimo democratico si rifletté nel grande novelliere Ivan Turguenev (1818-1883), anima e personificazione del campo liberale e riformatore del linguaggio letterario, che nei suoi racconti cominciò a presentare i contadini con metodo realista senza idealizzazione, ma con molta simpatia, pronunciandosi per l’umanizzazione delle relazioni sociali. Forse Turguenev fu il primo ad analizzare il fenomeno del “nichilismo” e a criticarlo da posizioni umaniste. Il poeta e pubblicista democratico Nikolai Nekrasov (1821-1878) interpretò la protesta sociale dei contadini e delle fasce umili della città. Fu un riformatore della ritmica poetica russa.

Il grande satirico e pubblicista democratico Mijail Saltikov Scedrin (1826-1889) fece l’esposizione della storia ufficiale dell’Impero in una critica integrale dei vizi di tutti i rami della società, ma in particolare della burocrazia zarista. Saltikov mostrava al pubblico il vizio che si nascondeva sotto la maschera della bontà e fustigava il mondo del male, della violenza. Le immagini dei governanti non hanno personalità propria, sono macchine che rivelano l’idiozia imperante. Gli unici principi del loro governo erano riscuotere le imposte crescenti e castigare i sudditi. Tutta la loro attività imbecille si riduce al servizio del fantasma dello Stato onnipotente che in realtà si trasforma nel furto dei beni a proprio beneficio e tutti quei crimini si coprono con il manto di campagne militari stupide e sanguinose. Questa visione della storia dell’Impero di Russia conserva la sua attualità fino ai nostri giorni.

I motivi umanisti si espressero con particolare forza nella letteratura e nell’arte della Russia di metà e fine del XIX secolo, perché la vita politica sotto il regime dell’assolutismo zarista era affogata da repressioni brutali. L’umanesimo si manifestava nella condanna della servitù della gleba, nella compassione per i contadini, saccheggiati dalla nobiltà latifondista e dal clero.

Negli anni Quaranta del XIX secolo nacque in Russia la corrente di pensiero sociale soprannominata dai suoi oppositori la “slavofila” con il pubblicista, storico e poeta Constantin Aksakov (1817-1860) che scrisse versi (“gli umanisti”) e che si pronunciava in favore dell’abolizione della servitù della gleba e del mantenimento dell’assolutismo. Egli affermava che i paesi europei erano nati come prodotti della conquista e il loro principio era l’inimicizia, che per questo il loro potere non era legittimo e si imponeva al popolo oppresso con la violenza armata. Secondo lui ed altri slavofili “il cammino russo” era completamente diverso e originale. Lo stato russo fu fondato non per mezzo della conquista, ma per il riconoscimento volontario del potere e per questo non l’inimicizia ma pace e conciliazione è il suo principio. Alla base dello stato russo ci sono la buona disposizione, la libertà e la pace. Questo stabilisce una differenza importante e decisiva tra la Russia e l’Europa Occidentale e determina le storie di una e dell’altra. “Il popolo russo che accettava la monarchia assoluta come unica forma ammissibile di Stato, il popolo che era fedele al governo, non cercava libertà politica, ma la libertà spirituale, la libertà sociale della vita popolare all’interno di se stessa”. Il filosofo religioso e poeta Alexei Jomiakov (1804-1860) che invitava ad abolire la servitù della gleba e la pena capitale, a stabilire la libertà di parola e di stampa, forse considerava che il popolo russo aveva come tratto caratteristico pazienza incrollabile e umiltà completa. Secondo lui questi tratti determinavano il principio conciliatore come modo di convivenza all’interno dello Stato, concepito alla maniera di una grande comunità rurale. Il fondamento di questi principi e tratti era visto dagli “slavofili” nel cristianesimo orientale che avrebbe permesso alla Russia di realizzare la missione cristiana su scala universale, e di salvare l’umanità. Questo messianismo avrebbe facilitato la giustificazione delle conquiste dell’Impero di Russia in Oriente, mascherandole con il falso manto della lotta cristiana contro il pericolo dell’Islam.

L’abolizione della servitù della gleba e le riforme liberali degli anni sessanta del XIX secolo vennero realizzate con un ritardo di mezzo secolo, per lo meno, e non portarono la terra a quelli che la lavoravano, non liquidarono l’assolutismo zarista. La modernizzazione della Russia era lenta e contraddittoria. Le repressioni contro il popolo e le forze progressiste continuavano. In queste condizioni le tendenze umaniste riscuotevano grande forza, ma portavano il segno di grande tragedia e disperazione. Le speranze liberali furono defraudate.

I motivi umanisti di solidarietà con gli umili furono accolti anche dai democratici rivoluzionari dell’Impero di Russia, ma essi collocavano al di sopra dei valori umani gli interessi degli oppressi e giustificavano la violenza come metodo per la trasformazione sociale e politica del paese. In fin dei conti, il terrore dello zarismo e il terrore dei rivoluzionari si incrociarono, gettando la Russia nella turbolenza sanguinosa che la portò alla dissoluzione sociale e alla disintegrazione dello Stato, alla catastrofe nazionale. In questa situazione, il pensiero umanista continua a svilupparsi sempre di più…

Anton Chekov (1860-1904) difendeva idee di libertà, di personalità, di sviluppo integrale, armonico e morale dell’essere umano, combatteva l’oppressione in tutte le sue manifestazioni, contro la schiavitù sociale, politica e spirituale, ridicolizzava il fanatismo e il filisteismo. I suoi protagonisti cercano di superare le illusioni e di vedere il mondo così com’è. I suoi racconti e drammi svelano il dialogo, il contenuto emotivo dei contemporanei, la loro ricerca dell’obiettivo civico della vita, della felicità e del perfezionamento della loro personalità. Nei suoi racconti e nei suoi pezzi teatrali, Chekov mostrò la doppia vita dei suoi protagonisti (verso se stessi e verso il loro ambiente), l’uomo straziato dalle contraddizioni e dalle passioni, la distruzione delle relazioni interpersonali. A differenza di Dostoievski e di Tolstoi, Chekov non parte da un’unica verità, ma presenta dialoghi fra le distinte verità come opinioni personali, il che dà una visione critica e a volte scettica della realtà.

Lo scrittore Vladimir Korolenko (1853-1921) espresse nella sua opera la fede nel progresso, condannò la violenza rivoluzionaria, pensando che l’opinione pubblica potesse avere influenza sulle autorità. Al centro della sua attenzione c’è la persona. Caratteristico è il suo lirismo e il suo paesaggio ha carattere ottimista. Korolenko credeva che in futuro la violenza sarebbe scomparsa.

Le ricerche umaniste tragiche si rifletterono nelle opere del compositore Modest Mussorgski (1839-1881) e dei suoi colleghi che si preoccuparono dei destini del popolo, dell’uomo semplice. Un altro grande compositore, Piotr Chaikovski (1840-1893) espresse i motivi umanisti propri della società della seconda metà del XIX secolo, sviluppando la linea umanista di Puskin e di Gogol.

Gli elementi umanisti antibellici si notavano nella pittura e nella scultura. Le tele e i disegni di Basili Bereschagin (1842-1904) misero alla gogna il crimine della guerra e mostrarono la sofferenza delle sue vittime. Il grande scrittore e pensatore Lev Tolstoi (1828-1910) seppe trasmettere all’intera umanità l’aspirazione all’autoperfezionamento morale e al ristabilirsi dell’unità tra l’essere umano e la natura. La sua critica sociale influenzò tutti gli aspetti della vita sociale, tutte le istituzioni statali, la letteratura e l’arte, la religione e la chiesa. La sua dottrina del non resistere al male per mezzo della violenza avrebbe avuto ripercussione mondiale. Basta ricordare il Mahatma Ghandi in Asia e José Vasconcelos in America Latina. Tolstoi propagandava l’amore universale, l’autoperfezionamento morale e religioso come mezzo della trasformazione della società. Tolstoi fustigò lo sciovinismo e le sue guerre di rapina dicendo: “il patriottismo della Russia è l’ultimo rifugio dei ruffiani”. Tolstoi annunciava una nuova arte basata sui sentimenti di fratellanza e di amore. I sostenitori della sua dottrina fondarono comunità agricole, si rifiutarono di pagare le imposte e rifiutarono il servizio militare. Essi furono perseguitati dallo zarismo, dalla chiesa ufficiale e poi dal regime sovietico.

L’opera dello scrittore e pubblicista Fedor Dostoievski (1821-1881) è la ricerca dell’armonia tra il sogno e la realtà, dell’umano e dell’umanizzante nel mondo interno dell’uomo, della giustizia per gli oppressi e gli umiliati. Dostoievski mostrò che anche l’uomo comune accarezza ideali sublimi, ha sogni elevati. Come fonte interiore della vita spirituale e condizione del suo recupero morale, i mezzi sociali della lotta contro il male sono insufficienti per combatterlo, bisogna cercare il sostegno morale. L’immagine di Gesù Cristo incarna per lui i più alti criteri morali. Dostoievski difendeva la libertà personale. Simultaneamente avvertiva che l’individualismo illimitato genera azioni anti-umane. Egli creò il genere della novella ideologica e combatté la violenza delle sette anarco-comuniste come pericolo che minacciava la società umana.

E’ interessante osservare che le tendenze umaniste nella cultura della Russia della fine del XIX secolo e degli inizi del XX secolo, trovarono la maggiore ripercussione tra i sostenitori degli antichi riti del cristianesimo orientale. Essi obbligavano tutti i loro correligiosi a imparare a leggere, scrivere, contare e interpretare i testi sacri. Esortavano a coltivare l'etica del lavoro come dovere, non solo civico, ma anche religioso. Tra di loro troviamo figure rilevanti nella creazione di musei e biblioteche pubbliche, case di beneficenza, ospedali, ecc.

Alla fine del XIX secolo e agli inizi del XX secolo, l’umanesimo in Russia rivela sempre di più la sua visione tragica della vita umana e la contraddizione crescente tra l’ideale e la realtà. Il filosofo religioso e poeta russo Vladimir Soloviev (1853-1900) traduceva testi classici greci in russo e diffondeva l’idea della riunificazione delle chiese cristiane come base della futura solidarietà fra tutti gli uomini. Sviluppò l’utopia dello Stato universale, superando l’antagonismo culturale tra l’oriente e l’occidente. Cercò di costruire una concezione ottimista della salvezza dell’essere umano e dell’umanità e propose il compito di unire la teologia cristiana con l’evoluzionismo scientifico, naturale e filosofico in una concezione finalista. La sua dottrina cosmogonica sulla missione dell’essere umano mediatore tra il dio e la natura (come coltivatore e organizzatore della natura), il suo liberatore e salvatore (teurgo), contiene importanti elementi umanisti. Secondo il suo criterio, la bellezza è prodotto dell’evoluzione della natura e simultaneamente riflesso del principio luminoso spirituale che penetra in seno al mondo organico. Soloviev si pronunciava contro la propagazione del male universale, l’oppressione nazionale e religiosa, l’inimicizia etnica e tribale, la pena capitale, ecc. Egli si diresse pubblicamente all’Imperatore Alessandro III, chiedendogli di non giustiziare i dirigenti della società segreta “libertà del popolo”, responsabili dell’assassinio di suo padre. Per questo il filosofo soffrì sempre di persecuzioni da parte delle autorità dell’impero.

A questo punto, devo commentare che i problemi specifici dell’umanesimo cristiano in Berdiaev e gli elementi umanisti nell’anarchismo russo, sono esaminati in singoli lavori del dottor Boris Koval, e messi a disposizione del lettore nel presente Annuario.

Discepolo (nelle concezioni filosofiche) di Vladimir Soloviev e di Nietzsche, è il geniale poeta, drammaturgo e pubblicista Alexandr Blok (1880-1921), il quale scelse come simbolo della sua vita la rosa e la croce. Egli confessò che si era inzuppato di umanesimo russo “con il latte di sua madre”. “Per origine e sangue, sono umanista”, dichiarò il poeta. Nel suo rapporto “La caduta dell’umanesimo”, presentato nel 1919, Blok parla della rottura dell’umanesimo cristiano, schiacciato dalla civilizzazione meccanica e senz’anima, e pronostica l’arrivo di un nuovo umanesimo, che formerà la nuova personalità integrale: un uomo artista capace di vivere la vita intensamente e capace di agire e di rinnovare la cultura. Avrà una personalità integrale che vivrà nel tempo musicale e non storico, tempo eterno della natura. Nel contenuto del nuovo umanesimo, Blok sottolineava l’aspetto estetico, come forza attiva che fa svegliare l’uomo dal sonno letargico della civiltà obsoleta e lo spinge all’azione. Questa visione ottimista e contemporaneamente tragica e critica del nuovo umanesimo, dava forma sostanziale ai suoi poemi e ai suoi scritti, ispirati dalla rivoluzione. La sua opera fu tradotta immediatamente in diverse lingue. Come riconobbe lo stesso Blok, nella sua visione del nuovo umanesimo egli assolutizzò l’aspetto estetico a scapito dell’aspetto etico. I contemporanei vedevano in Blok il Don Chisciotte della rivoluzione russa, che credeva nel messianismo cosmico e tempestoso dell’Oriente, capace di salvare l’umanità immersa nel sonno letargico della civiltà occidentale.

Durante la Prima Guerra Mondiale, l’Impero di Russia soffrì la disfatta militare, perse il territorio della Polonia e i paesi Baltici, che furono occupati dall’esercito tedesco. Questo accelerò la caduta della monarchia e la proclamazione della Repubblica. L’Impero si era disfatto. Si osservava l’auge del movimento sociale e dei movimenti di liberazione nazionale dei popoli oppressi. Ma la continuazione della guerra da parte del governo provvisorio aggravò il caos economico e condusse alla dissoluzione sociale e alla decomposizione dell’esercito. Di questo approfittarono i bolscevichi che nell’ottobre del 1917 abbatterono il governo provvisorio e realizzarono le elezioni dell’Assemblea Costituente. Ma i bolscevichi ricevettero un quinto dei voti, sciolsero l’Assemblea Costituente e instaurarono la loro dittatura, travestita con la formula pseudo-scientifica di “Dittatura del Proletariato” e l’apparenza falsa dello Stato Sovietico. In realtà i soviet come organo di autogoverno di operai e contadini vennero sostituiti dalla macchina burocratica imposta dall’organizzazione bolscevica che governò per mezzo del terrore di massa scagliato contro gli stessi operai e contadini e per mezzo della demagogia sfrenata. Tutto il paese fu trasformato in un gigantesco accampamento militare, in una specie di fabbrica militare unica, in cui tutti i cittadini dal primo all'ultimo furono ridotti in condizione di schiavi. Gli elementi deboli della società civile furono distrutti. L’Impero fu restaurato con l’azione dell’Armata Rossa che schiacciò a mano armata la resistenza dei contadini e dei popoli che lottavano per la loro libertà. I bolscevichi portarono avanti implacabili persecuzioni contro l’umanesimo che essi tacciarono di “astratto” e proclamarono la loro ideologia totalitaria militarista e sciovinista ”dell’umanesimo reale”, “di classe” (più tardi: “umanesimo socialista”) con enfasi sull’aggettivo e non sul sostantivo. L’apologia del terrore e della violenza armata come virtù civica principale era l’elemento primario della loro ideologia. ”L’odio di classe” era considerato come un valore supremo nel suo sistema etico. I filosofi, sociologi, intellettuali e scrittori in generale che non condividevano questa ideologia anti-umana, si videro obbligati a emigrare, furono esiliati o liquidati. Altri dovettero nascondere o mascherare le loro convinzioni.

Il sociologo russo Pitirim Sorokin (1889-1968) elaborò la sua concezione della sociologia della cultura il cui punto centrale è l’analisi dell’interazione sociale con l’insieme di sistemi sociali, culturali e della personalità. Ogni cultura in quanto tipo specifico di insieme storico o sistema, contiene i principali concetti filosofici (natura della realtà, delle necessità fondamentali dell’essere umano e metodo della loro soddisfazione). In corrispondenza al suo carattere si evidenziano tre tipi fondamentali di cultura: quello sensitivo, in cui predominano le percezioni emozionali, quello ideativo in cui predominano elementi del pensiero razionale e quello idealistico in cui domina il modo intuitivo della conoscenza. Questo sistema di valori o verità è determinante per la dinamica socio-culturale. Il processo storico è fluttuazione dei tipi di cultura, la fase attuale è la fase della crisi della cultura. Sorokin fu esiliato dall’URSS nel 1922 e lavorò negli USA. Presentò il programma per la salvezza dell’umanità per mezzo ”dell’altruismo creativo” e fondò nel 1947-48 il Centro di Studi dell’Altruismo Creativo.

Il filosofo e filologo russo Alexei Losev (1893-1988) tradusse in russo varie opere di Aristotele, Plotino, Sesto Empirico, Nicola Cusano e altri classici. Seguì la tradizione di Platone e del neoplatonismo. Egli cercò di unire la dialettica di Shelling e Hegel con la Fenomenologia di Husserl, elaborando i problemi del simbolo e del mito. Lavorò, inoltre, sull’antica concezione greca dell’universo nella sua totalità strutturale. Manifestò particolare interesse nella ricerca dell’estetica classica antica. Subì persecuzioni da parte del regime sovietico. Alcuni dei suoi lavori furono proibiti e confiscati dagli organi repressivi sovietici e una parte di essi fu diffusa solo negli anni novanta.

Il filologo Mijail Bajtin (1895-1975) studiò le fasi dei cambiamenti delle forme artistiche e le particolarità della cultura popolare nel Medio Evo e la poetica polifonica dell’opera di Dostoievsky. I suoi lavori erano impregnati dei principi dell’umanesimo il che provocò persecuzioni da parte delle autorità sovietiche.

Il culturologo e filologo Yuri Lotman (1922-1994) fondatore della scuola scientifica di semiotica di Tartu, diede un contributo molto importante all’analisi della letteratura russa con una visione umanista e democratica.

Il filologo accademico Dimitri Lijachev (n.1906) ricercò le tendenze umaniste nella cultura medievale della Russia di Kiev e di Mosca.

I poeti, novellieri e artisti che lavoravano nel regime sovietico si vedevano obbligati a nascondere le loro idee umaniste, proclamando la loro adesione formale al regime. Ma le loro convinzioni umaniste filtravano dietro la fraseologia ufficiale e molte volte questa contraddizione finiva tragicamente per i diffusori di immagini umaniste. Questa tragedia è rivelata dalla vita del grande poeta lirico russo Sergei Esenin (1895-1925), “l’ultimo poeta della campagna” come chiamava se stesso. Egli espresse in forme nuove i sogni, la mitologia e l’anima turbolenta dei contadini russi e la loro tragedia sotto il regime bolscevico. Insieme ad un altro poeta e geniale filologo, Velemir Khlebnikov (1885-1922) fu creatore della corrente poetica dell’immaginismo russo con la sua metafora antropomorfica e le sue reazioni primitive di fronte al cristianesimo. Il suo utopismo sociale è caratteristico nel poema “Inonia”. La sua poesia riflette il pathos umanista. Khlebnikov cercava di formare la nuova mitologia e di elaborare un nuovo idioma per l’umanità libera.

L’umanesimo e il lirismo impregnano l’opera della grande poetessa russa Anna Ajmatova (Gorenko) (1889-1966), il che le costò persecuzioni e diffamazioni da parte dei dirigenti sovietici, che assassinarono suo marito, il grande poeta russo Nicolai Gumilev (1886-1921). La tendenza umanista e forse rivoluzionaria si rivela nell’opera delle grandi scultrici russe: l’impressionista Anna Goluekina (1864-1927) e l’espressionista Vera Mujina (1889-1953), “L’operaio e la colmoziana”. Esse crearono immagini idealizzate di artefici di un mondo giusto e chiaro, pieni di energia creativa e di ottimismo storico.

Lo scrittore russo Mijail Prishvin (1873-1954) nei suoi racconti rivelò le capacità della personalità umana integrale, che aspiravano all’armonia con la natura in una visione del mondo che può essere denominata “geo-ottimismo umanista”.

Un altro grande scrittore umanista Constantin Paustovski (1892-1968), considerava che la forza estetica della natura forma la personalità umana, e vedeva nella natura la fonte del processo creatore dell’uomo. Le sue opere hanno uno stile lirico e romantico e un contenuto ottimista.

Tendenze umaniste si manifestano nelle utopie e nei racconti (con profondo senso filosofico e polemico) del grande scrittore Andrei Platonov (1899-1951); nelle poesie e novelle del geniale scrittore Boris Pasternak (1890-1960) e nell’opera del grande compositore Dmitri Shostakovich (1906-1975).

Lo scultore moldavo Stepan Erzia (1976-1959), che nel 1906-1914 visse in Italia e in Francia e nel 1926-1950 in Argentina, utilizzava gli effetti della forma naturale per mitizzare l’immagine umana nello spirito romantico, creando immagini generalizzate della bellezza femminile (ad esempio la sua scultura “la figlia degli Incas” del 1941).

Nella Russia post-sovietica tendenze umaniste appaiono in varie forme e in differenti sfere della vita sociale e spirituale, nella letteratura, nell’arte, nella scienza, nell’attività politica, sociale, ecc. La resurrezione della vita religiosa, prima repressa dal regime sovietico in modo molto crudele, è accompagnata dal rinascere degli elementi umanisti cristiani, buddisti, musulmani, ebrei, ecc. Le associazioni per i diritti umani che erano fuori legge ai tempi sovietici ora agiscono apertamente, ma sono sotto la pressione delle autorità e sono screditate e a volte calunniate dai mass media ufficiali. Il movimento ecologista, che uscì dalla clandestinità all’inizio degli anni ‘90, acquisì grande forza, ma ora soffre di grandi perdite a causa del crescente apoliticismo e apatia delle masse.

Alla fine degli ‘80 e all’inizio dei ‘90 furono pubblicate enormi tirature dei testi prima proibiti dalla censura sovietica, soprattutto delle opere umaniste di Pasternak, Berdiaev, Losev, Florenski, Florovski, Sajarov, Soloviev, Solzhenitsin, Grigorenko, Shalamov, Brodski, e molti altri. Cominciarono ad essere proiettati i film prima proibiti, esposti gli oli e le sculture dei dissidenti. Si traducono e si pubblicano le opere filosofiche di Kant, Nietzsche, Husserl, Jaspers, Heidegger, Bubber e di altri filosofi. Sono state tradotte in russo e pubblicate le principali opere di Silo. A Mosca sono state celebrate la Conferenza Internazionale e il Secondo Congresso dell’Internazionale Umanista. Si pubblica e si diffonde la stampa umanista. È attivo il Club Umanista di Mosca. Sullo scenario politico appaiono vari movimenti, associazioni e partiti, che hanno adottato il nome di umanisti e verdi.

Il fatto che le condizioni economiche e sociali della vita della maggior parte del popolo siano peggiorate considerevolmente negli anni ‘80 e ‘90, che le fasce medie si vadano riducendo numericamente e la differenziazione sociale consista in un pugno di persone molto ricche e una gran massa di poveri, non contribuisce alla formazione della società civile. Questo debilita la base sociale dalle tendenze umaniste nella Russia post-sovietica e ancora di più in altre repubbliche formate dalle rovine dell’URSS in cui si rafforzano le tendenze nazionaliste e autoritarie.

Nelle nuove condizioni di ripudio, da parte della popolazione, del monopartitismo e dell’assenza del sistema pluripartitico, dell’apoliticismo crescente nella gran parte dell’elettorato, sono illusorie le speranze di formare un partito umanista di massa in Russia. Nel frattempo le tendenze umaniste riscuotono forza sotto forma di associazioni, club, gruppi ad orientamento umanista senza disciplina rigida in materia organizzativa, senza una dottrina rigorosa, senza impegni politici obbligatori. Questo orientamento va contro la corrente militarista e sciovinista, etnocentrista e retrograda. Si sviluppa in modo contraddittorio, con alti e bassi, disillusioni, ma con ottimismo, includendo principalmente quel gruppo di intellettuali giovani che cerca nuove strade, nuove immagini e rifiuta il tradizionalismo e il servilismo. La corrente umanista in Russia e in altre repubbliche post-sovietiche non vuole copiare cieche forme umaniste “occidentali” o “orientali” ma si appoggia su tradizioni umaniste secolari delle sue proprie culture e prende in considerazione la specifica correlazione di forze proprie di ogni repubblica e regione, e contemporaneamente esprime la sua solidarietà con le correnti umaniste di carattere internazionale e la sua adesione ai valori umanisti universali. Nella cultura russa l’umanesimo sopravviveva e si trasmetteva da una generazione all’altra sotto forma di immagini artistiche, più che in modo concettuale, dottrinario, e questo lo aiutò a resistere alle campagne di “lavaggio del cervello” delle autorità. Il collasso del totalitarismo e la rottura dell’Impero Sovietico aprirono un vasto campo per l’estensione e la realizzazione dell’umanesimo in Russia e nelle repubbliche vicine del nord-est dell’Eurasia. A questo si deve la proliferazione di idee, immagini e correnti umaniste e verdi in questa regione, che reincarnano opere di precursori ereditando forse alcune delle sue debolezze tradizionali, insieme alla relativa gioventù della tradizione umanista in Russia e all’assenza della sua base sociale. L’atomizzazione della società e le forme carnevalesche della sua vita politica in contrasto con l’autocoscienza sociale tragica aprono possibilità per brusche virate nello sviluppo del paese e della regione. Dalla chiaroveggenza e dall’attività cosciente delle forze veramente democratiche e umaniste dipende se il paese sceglierà il modello corrispondente o sprofonderà nel precipizio totalitario e sciovinista. La situazione socio-politica globale, regionale e nazionale esige soluzioni umaniste nuove e audaci, innovatrici tanto sul terreno della cultura quanto della pratica sociale, esige maggior cooperazione e interscambio di esperienze con i suoi colleghi e amici del mondo intero.