Fulvio De Vita
Festival “FuturEtica”
Città dell’Altra Economia – Roma
29 maggio 2011
Ringrazio la Città dell’Altra Economia, l’associazione DiScienza e il Centro di Studi Umanista Salvatore Puledda per aver organizzato questo bellissimo evento e per averci offerto questo spazio.
Perché parlare del pensare in un’epoca in cui tutto sembra già essere stato scritto e detto? In un’epoca in cui sembra che la cosa più importante siano i progressi tecnologici e materiali?
La risposta è perché crediamo che l’evoluzione dell’essere umano sia una successione di passi in cui la nostra coscienza si è progressivamente ampliata e perché crediamo anche che tale ampliamento non abbia limiti. In questi passi evolutivi, lo sviluppo delle capacità astrattive e del pensare coerente hanno avuto un ruolo fondamentale.
In ogni epoca e in ogni cultura la coscienza umana si è sforzata di andare oltre i limiti imposti dalla situazione storica o dalla stessa natura. In ogni epoca e in ogni cultura si sono concepiti il mondo e l’essere umano in modi diversi, nel tentativo di superare le difficoltà e ampliare la coscienza. Secondo il diverso modo di vedere il mondo, si sono privilegiati alcuni aspetti del pensare, mentre se ne sono oscurati degli altri. Così oggi ci troviamo di fronte alla difficile decisione di compiere un nuovo salto. Un nuovo salto della coscienza, un nuovo passo di ampliamento nel modo di vedere il mondo e nel modo di pensare.
In occidente, la Logica deduttiva aristotelica e quella induttiva razionalista, hanno portato questa civiltà a grandi progressi, ma hanno oscurato il pensiero strutturale e dinamico, ponendo le basi per una disgregazione sia della scienza, così come delle strutture sociali e di quelle psicologiche dell’individuo che non trova più risposte adeguate alla sua vita. La stessa scienza non riesce più a trovare risposte soddisfacenti alle proprie domande e si sta ormai dirigendo verso nuove frontiere. Nella cultura indiana, per esempio, al contrario, la Logica Nyaya ha permesso un pensiero speculativo che ha preceduto di diversi millenni lo sviluppo del pensiero occidentale, dando una maggiore importanza al movimento e alla dinamica, ma trascurando altri aspetti, cosa che ha rallentato la possibilità di applicazione pratica. Insomma, ci troviamo di fronte al fatto che quando parliamo di Logica, ci stiamo riferendo, qui in occidente, a un solo tipo di logica, rispetto alle innumerevoli che l’essere umano ha sviluppato e svilupperà in futuro.
Ma ci dobbiamo chiedere a questo punto, che cos’è il pensare?
Facendo un salto all’indietro nel tempo, possiamo immaginare come i primi ominidi, alle prese con un mondo caotico e informe, abbiano fatto un grande sforzo per cercare di capire ciò che li circondava, per capire come potevano sopravvivere, come difendersi, come approfittare delle ricchezze naturali, ecc. Nella misura in cui avanzavano nella comprensione del mondo circostante, hanno iniziato a sviluppare quelle capacità astrattive che permettevano di ordinare il caos e mettere in pratica metodi e tecniche per operare nel mondo in modo efficace. Se osserviamo il pensare, quindi, ci accorgiamo che serve per ordinare la realtà. Ovviamente non stiamo parlando di un’attività divagatoria in cui le immagini si succedono in una sequenza libera, ma piuttosto di una attività di tipo astrattivo. In sintesi, l’attività astrattiva, il pensare, serve per ampliare la conoscenza del mondo e per poter operare in esso.
Ma cosa succede veramente quando uno pensa? Cosa succede esattamente quando, nel continuo trascorrere dell’esperienza a cui ognuno di noi è sottoposto attraverso i sensi e la memoria, appare a un certo punto il pensare, l’analizzare, il capire?
Quello che sperimentiamo normalmente è il continuo fluire dell’esperienza. Sperimentiamo il mondo e noi stessi in continuo movimento. Niente è mai fermo e tutto muta continuamente in un movimento caotico e disordinato, apparentemente senza alcuno scopo. L’attività del pensare ferma un istante dell’esperienza, ne congela un aspetto particolare. Il fatto che la coscienza riesca a fermare un attimo di esperienza, di fotografarla, ci rende possibile osservarla da vicino, analizzarla, guardarla da diversi punti di vista, capire come funziona, come affrontarla, ecc. Nella pratica, il pensare svolge un’attività di differenziazione di un momento dell’esperienza dal resto del fluire. Differenzia, per esempio, un fenomeno particolare dal resto dei fenomeni o quel ricordo dal resto dei ricordi. Quindi procede col suo lavoro di differenziazioni osservandone i particolari, cercando di capire come funziona, di cosa è fatto, a cosa serve, ecc. ecc. Poi inizia a stabilire relazioni. Ma per farlo ancora una volta differenzia, estrae alcune relazioni e ne tralascia altre. Per esempio, se dico che due oggetti sono uguali, devo necessariamente differenziare la relazione “uguaglianza” da quella “similitudine” o “diversa” o “contraria”. Procede quindi per differenziazioni successive, relazionando tali differenze, fino ad arrivare a una sintesi soddisfacente per la sua domanda iniziale. Per questo diciamo che il pensare è dinamico e strutturale.
Potremo a questo punto notare che pensare sullo stesso fenomeno per due persone, non arrivi necessariamente allo stesso risultato. Anzi, direi che è praticamente impossibile, giacché il pensare è una costruzione astratta della realtà dipendente da una coscienza (e non da una macchina), ossia da una struttura intenzionale atto-oggetto. Quindi è necessario mettersi d’accordo su alcuni principi fondamentali.
L’enunciazione di tali Principi è partita da una concezione della realtà relativa alle diverse epoche e culture. Per esempio l’idea di Essere, che in filosofia è l’astrazione più ampia del pensare, può essere interpretata come un “motore immobile ed eterno” oppure come un’esperienza della mente e quindi soggetta al fluire e al cambiamento. Se in occidente abbiamo seguito la linea dell’immobilità, ossia della credenza che esistesse una verità in sé, eterna e immutabile, osserveremo il mondo e i fenomeni da questo punto di vista, privilegiando le forme di pensiero che obbligano in quella direzione.
L’Umanesimo Universalista fondamenta il suo punto di vista sull’esperienza diretta del pensare coerente e afferma che non può esistere una metafisica separata dall’esperienza, dalla vita vissuta della coscienza di ogni essere umano. Detto in altre parole l’Essere, la massima astrazione del pensare, è un fenomeno della coscienza, e poiché la struttura coscienza-mondo è dinamica, l’Essere è un fenomeno dinamico che si modifica in struttura con l’ampliamento della coscienza.
Da questa affermazione radicale, basata sull’osservazione dei meccanismi del pensare, derivano dei Principi, delle Leggi e un Metodo.
I Principi sono le articolazioni più ampie possibili del pensare e servono per spiegare il comportamento degli enti e delle cose. Possiamo sintetizzare i principi logici da cui partiamo nei seguenti enunciati:
Principio di Esperienza: Non esiste essere senza manifestazione. Non possiamo parlare di ciò di cui non abbiamo nessuna manifestazione che ci permetta un’esperienza diretta del fenomeno. È il principio fondamentale che rompe ogni metafisica degli antichi sistemi di pensiero occidentali. Troviamo in Heidegger, agli inizi del secolo scorso, una importante discussione relativa proprio alla metafisica occidentale.
Principio di Gradazione: Ciò che “è” e ciò che “non è” ammettono diversi gradi di probabilità e di certezza. Le cose non sono “vere” o “false”, ma si può riconoscere un continuum di probabilità tra “ciò che è” e “ciò che non è”. In contrapposizione con il Principio aristotelico del Terzo escluso, per il Nuovo Umanesimo non esiste una situazione statica di “verità” o “falsità” immutabile. È interessante qui osservare come la scienza stia sviluppando teorie che vanno proprio in questa direzione, rompendo un’antica concezione statica del mondo.
Principio di Non Contraddizione: Non è possibile che qualcosa “sia” e “non sia” allo stesso tempo e nello stesso senso. Una cosa può essere differente da se stessa se cambia il momento o il senso in cui la consideriamo. In questo caso ci troviamo abbastanza d’accordo con Aristotele che fu il primo a enunciare questo principio.
Principio di Variabilità: L’essere “è” e “non è” identico a se stesso a seconda se lo consideriamo come momento o come processo. È simile al principio precedente ma in un altro contesto, e spiega che, considerato come momento, l’“essere” è identico a sé stesso, ma considerato come processo “non è” identico a sé stesso. Qui si inserisce il concetto fondamentale di processo, di cambiamento, di evoluzione. Da questi principi generali scaturiscono i grandi concetti che chiamiamo Leggi Universali. Le abbiamo chiamate universali perché devono permettere di osservare e studiare il comportamento di tutti i fenomeni esistenti. Le Leggi sono strumenti di lavoro concettuale, che servono ad orientare il processo del pensiero in modo ordinato e a darci la visione più ampia possibile di un fenomeno. Questo lavoro concettuale è quello che, in definitiva, ci permette di agire nel mondo.
Legge di Struttura: “Niente esiste isolato, ma in relazione dinamica con altri esseri all’interno di ambiti condizionanti”.
Questa legge indica che non è valida l’osservazione o lo studio di un fenomeno se non lo si mette in relazione con altri fenomeni che si trovano nello stesso ambiente e se non si tiene conto che i fenomeni sono in movimento all’interno di ambiti maggiori che condizionano il loro comportamento. Il fenomeno non è separabile dal suo ambito, perché fenomeno e ambito conformano una struttura indissolubile. Se cambia l’ambito l’oggetto non è lo stesso. Aggiungiamo inoltre che l’ambiente dei meccanismi di coscienza non è solo spaziale, ma anche temporale. Non di una temporalità esterna e lineare, riducibile a un elenco di date, ma piuttosto di una temporalità interna e strutturale dove il passato, il presente e il futuro si incrociano in modo attivo e ponderano il qui ed ora di ogni momento.
Legge di Concomitanza: “Ogni processo è determinato da relazioni di simultaneità con processi dello stesso ambito e non da cause lineari del movimento precedente da cui proviene”.
Questa legge rompe la meccanicità del pensiero lineare che ha fondamento nella visione causalistica di causa-effetto. Ciò che si osserva in un momento, non è semplice conseguenza di ciò che è successo prima, ma dell’esistenza di un ambito maggiore condizionante nel quale sono immersi i fenomeni e di una reciproca influenza degli stessi fenomeni, includendo in essi anche lo sguardo dell’osservatore.
Legge di Ciclo: “Tutto nell’Universo è in evoluzione e va dal più semplice al più complesso e organizzato, secondo tempi e ritmi ciclici”.
Un processo può regredire, cristallizzarsi o evolvere producendo un salto di qualità che trasforma radicalmente l’identità che aveva all’inizio. I processi evolutivi non si sviluppano in linea retta, né con tempi o accelerazioni costanti. Non parliamo di una semplice accumulazione di fatti né di cicli circolari chiusi, ma piuttosto di una spirale crescente. Ne sono esempio tutte le civiltà che hanno seguito il processo di nascita, crescita, sviluppo, declino e disorganizzazione, in cui gli elementi evolutivi dell’esperienza accumulata sono passati alla civiltà successiva. In altro modo l’umanità si troverebbe sempre allo stesso punto e l’uomo sarebbe il primitivo che ogni volta nasce e muore senza scoprire il fuoco. L’idea di vedere l’evoluzione in forma di spirale crescente, modifica sostanzialmente, per esempio, i parametri interpretativi della Storia, permettendone una maggiore comprensione.
Legge di Superamento del Vecchio ad opera del Nuovo: “La continua evoluzione dell’Universo mostra il ritmo di differenziazioni, combinazioni e sintesi ogni volta di maggiore complessità. Le nuove sintesi accolgono le differenze precedenti ed eliminano materia ed energia qualitativamente non accettabili per i passi più complessi”.
Una struttura si disintegra perché non può far fronte alle nuove situazioni che gli impone lo sviluppo. Ma gli elementi costruttivi e progressivi si sviluppano, a partire dal suo interno, fino a rimpiazzare il sistema vecchio con uno nuovo. Questo nuovo sistema è più complesso ed evoluto del precedente. La sintesi di un processo dà luogo ad un nuovo elemento che non è la semplice accumulazione degli attributi precedenti, ma piuttosto un nuovo elemento qualitativamente diverso. Nella sintesi c’è un salto di qualità che fa sì che questo nuovo elemento sia più adatto a continuare il processo.
Dalla prospettiva posta da questa legge, diremmo che il motore della storia è la lotta delle nuove generazioni che lottano per rimpiazzare le generazioni al potere del presente sociale. Non sono, quindi, le “condizioni oggettive” esterne a determinare il fenomeno, bensì la lotta tra diverse soggettività temporali che ogni generazione porta con sé. Le generazioni sono il tempo sociale in movimento.
Per concludere: È proprio in base a questi Principi e a queste Leggi, che l’Umanesimo Universalista afferma la necessità urgente di superare gli antichi sistemi di pensiero e di credenze e di aprire la porta a nuove prospettive che liberino, ancora una volta, la coscienza umana verso un nuovo salto evolutivo.