Le Leggi della Fisica e i Prinicipi dell'Etica

Pietro Chistolini

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13 novembre 2008

Primo Festival Umanista della Pace e della Nonviolenza - Marina di Grosseto
8 agosto 2009

Da quando Giordano Bruno venne arso vivo in piazza Campo de' Fiori a Roma e Galileo Galilei fu costretto ad abiurare, sempre a Roma, l'occidente ha preso ogni volta di più le distanze dall'idea classica di Scienza come Filosofia naturale, da una conoscenza la cui finalità era la ricerca delle leggi che governano la natura stessa. Paradossalmente, una scienza sempre più al servizio della guerra, subordinata al potere economico e politico, è il risultato, in un certo senso, di due atteggiamenti che sono in apparenza opposti: ci riferiamo a una scienza condizionata dalla religione, dall'etica e da una concezione che le assegna una sovranità limitata ad affrontare argomenti e temi della stessa etica e della filosofia e, sul fronte opposto, ha preso forza un atteggiamento “scientista”, “tecnocratico” secondo il quale la scienza, e solo essa, è centrale.

La nostra aspirazione è che tale dualismo si può risolvere solo a partire da una scienza che abbia come priorità il superamento del dolore e della sofferenza degli esseri umani.

In questa direzione vanno alcuni studi recenti di alto livello scientifico(1) nell'ambito delle teorie dei sistemi complessi le quali ci permettono di inquadrare, da un unico punto di vista, la genesi delle leggi fisiche e delle leggi etiche. Si tratta di una Nuova Alleanza (come la presenta Prigogine). Laughlin dice in sintesi: “Non esistono le leggi fondamentali della fisica”, ma esistono “leggi strutturali, esiste una direzione evolutiva, una freccia del tempo.” Si riferisce ad una successione di differenti livelli di organizzazione della materia, strutture che sono sempre più complesse ed in ognuna si manifestano leggi proprie. Non sono le leggi che generano le strutture, ma sono le leggi che “emergono” dalle strutture come espressione della stabilità dinamica delle strutture stesse. Questo si verifica, ad esempio, nel caso della termodinamica ed in tutta la fisica dello stato solido.

In questo contesto si intende dare un’idea, appena abbozzata, della genesi delle leggi nella fisica e nell’etica. Queste leggi di solito vengono espresse attraverso formule matematiche, parole, assiomi, postulati, definizioni, comandamenti, dogmi, proposizioni logiche o predicati. Noi, viceversa, cercheremo di adottare un punto di vista differente non basato sulle parole, ma su ciò che è “prima” delle parole e dei predicati: cercheremo di inquadrare il tutto in chiave simbolica, allegorica a partire dall’immagine di “frontiera”, di “muraglia”.

Per questo non andremo alla ricerca della migliore definizione di scienza. Non ci interessano le parole, non vogliamo ricadere in una “verità” precostituita e rigida come una muraglia. Più semplicemente intenderemo per scienza un atteggiamento aperto al dialogo, il condividere esperienze, osservazioni, catalogazioni, credenze e modelli sul “mondo”.

Spesso un tale atteggiamento viene etichettato come “relativista”, dal momento che implica una pluralità di credenze, implica il “dubbio”. Al contrario, tutto ciò per noi è un valore perché: “Se hai dubbi vuol dire che hai delle credenze” e se invece “hai credenze senza dubbi” questo significa che sei rinchiuso nella muraglia del dogmatismo.

Immaginiamo una muraglia… La muraglia cinese, … il muro di Berlino, … il muro che separa Israele dalla Palestina, … la muraglia tra gli USA e il Messico.

Queste mura, come tutte le muraglie, rappresentano sempre un desiderio, un’esigenza o una necessità di dare stabilità a una struttura fisica, metafisica, teologica, sociale, morale, etica, politica o religiosa. Se si chiudono tutte le porte, se la protezione è eccessiva si corre il rischio di un’involuzione, di una resistenza al cambiamento e si impedisce la morfogenesi: un sistema chiuso porta alla morte entropica. Così, accade che nella fisica, nella società, nella psiche, si formino muraglie, nuclei di credenze, di insogni, che oppongono resistenza al cambiamento, all'adattamento, alla trasformazione, al movimento, all'evoluzione.

Immaginiamo una semplice circonferenza … Una circonferenza è una frontiera astratta; in matematica, nella teoria degli insiemi può rappresentare il famoso “insieme vuoto” perché dentro non c'è niente. Ciononostante è proprio a partire dall'insieme vuoto che si costruiscono progressivamente i numeri, l'aritmetica e l'intera matematica. C'è chi dice che la matematica si costruisca a partire dal vuoto, dal nulla, però questo non è corretto: l'insieme vuoto, in realtà, non è tanto vuoto, possiede una frontiera, un interno ed un esterno. In matematica l'insieme vuoto viene considerato un ente primitivo, in realtà simbolicamente una frontiera è il risultato di un processo dinamico, di una struttura che si è stabilizzata. Ogni frontiera possiede un “dentro” e un “fuori”, un “concavo”, caldo e protettore come un nido, come un utero e un “convesso”, come un esterno, un fuori, un aperto, un ignoto, uno sconosciuto: per questo produce timore e attrazione.

Immaginiamo il sistema solare … Nel modello tolemaico la Terra era al centro e il Sole ruotava nella periferia. Viceversa, nel modello copernicano, il Sole è al centro e la Terra nella periferia. In generale, in una rivoluzione o in una catastrofe, quello che era centrale diventa periferico e quello che era periferico diventa centrale; lo schema a “cerchi concentrici” rimane inalterato e, quindi, ci sono sempre delle frontiere con un concavo ed un convesso. Ma l'affermarsi del secondo modello implica il passaggio da un cosmo chiuso (concavo) ad un universo aperto (convesso) e questo rappresenta un processo più generale, quello di apprendere a vivere il concavo protettore e, allo stesso tempo, avviare l'esplorazione del convesso, dell'ignoto.

È, dunque, fondamentale aver coscienza delle frontiere, rivolgere l'attenzione alle muraglie. Questo è altrettanto vero anche nell'etica.

Immaginiamo un cuore pulsante … È difficile immaginare un cuore battente separato dal corpo, è difficile immaginarlo in modo diverso da un organo all'interno di un corpo vivo; un “cuore fuori dal corpo” ci fa venire in mente un reperto anatomico, un corpo morto, un cadavere. Nonostante ciò, la bioingegneria attualmente fabbrica protesi e organi artificiali e questi si possono immaginare fuori dal corpo perché si progettano e si costruiscono all'esterno. Il corpo come frontiera, come limite, come muraglia, si è destrutturato, il concavo e il convesso devono essere ricollocati. La cosa si complica se pensiamo alle macchine per la circolazione extracorporea con le quali è possibile eseguire un trapianto di cuore; si toglie un cuore malato e si sostituisce con il cuore sano e pulsante di… un cadavere. Per questa ragione nei paesi del mondo dove si eseguono trapianti di cuore è stata cambiata la legislazione che fissa il confine tra la vita e la morte. Le frontiere si muovono, cambiano, non rimangono le stesse. Oggi si parla di morte cerebrale, ma ancora si discute di dove collocare esattamente questo limite: lo sviluppo della medicina determina e condiziona la frontiera tra la vita e la morte. Accade la stessa cosa con il tema della fecondazione in vitro, dell'ingegneria genetica, della clonazione. Accade la stessa cosa in tutta la bioetica. Possiamo immaginare che ogni volta che si riunisce una commissione bioetica siano co-presenti una infinità di muraglie.

Ma … come si genera una frontiera? Come si forma questo sistema di stabilizzazione e di protezione strutturale?

Sia che si tratti di fisica, di chimica, di biologia, di tecnologia, ecc., sempre osserviamo lo sviluppo e la crescita di una “rete”, un insieme di enti che si mettono in relazione tra loro: per attrazione gravitazionale, elettromagnetica, per empatia, per simpatia, per attrazione sessuale, perché tali enti sentono la necessità di risolvere un problema comune. Sia quel che sia, in ogni caso inizialmente si formano piccole reti, “piccoli mondi” e questi mondi, in seguito, si connettono tra loro, si stabilizzano, si “irrobustiscono”, si strutturano. Alla fine si sviluppa un sistema di protezione stabile e robusto: una frontiera strutturale, un concavo e un convesso.

Nella teoria dei sistemi dinamici questo sviluppo di un sistema di protezione si chiama, in maniera altisonante, “Teorema del punto fisso attrattore del gruppo di rinormalizzazione”; sicuramente è più semplice chiamarlo sistema di protezione o, come lo chiama Laughlin, un protettorato. Solo nel momento in cui questa struttura è dinamicamente stabile, essa può essere descritta con regole, equazioni, leggi che si deducono a partire dalla sperimentazione e dall'osservazione.

Accade lo stesso quando gli uomini interagiscono tra loro, per esempio per risolvere un problema comune e, in generale, per superare il dolore e la sofferenza. Allora si forma una rete, si formano strutture umane, emergono regole, costumi e leggi: si formano frontiere con i rispettivi concavo e convesso. Questo sistema di protezione sia nell'etica sia nella fisica è dinamico. Ad esempio, questo è quanto accade in psicologia con quello che chiamiamo “io”. L' “io” è fondamentale per lo sviluppo della personalità umana, ma arriva il momento che questa barriera protettiva che dà identità ed autostima, può ostacolare l'adattamento all'ambiente esterno e l'apertura al mondo, può impedire di crescere di evolvere.

All'inizio di questo breve intervento, abbiamo evocato una visione della scienza che proveniva dal mondo classico. È ben noto che anche nel Rinascimento si ebbe una tale riscoperta. A Roma, nei musei Vaticani, c'è una stanza dipinta da Raffaello; lì si può ammirare un'opera tra le sue più famose: “La Scuola di Atene”(2). In questo monumentale affresco sono raffigurati i più importanti filosofi, matematici, geografi, astronomi, storici e scienziati della Grecia antica: Zenone di Elea, Epicuro, Empedocle, Pitagora, Senofane, Diogene, Euclide, Archimede, Parmenide, Socrate, Eraclito (con le fattezze di Michelangelo) e altri. Si tratta di un momento storico nel quale gli uomini compresero che, attraverso il dialogo, potevano coltivare un sapere condivisibile, come quello della filosofia, della fisica, così come quello della politica e della stessa etica.

Al centro della composizione i due pensatori più emblematici: Platone (con le fattezze di Leonardo) e Aristotele dialogano. Platone con una mano sostiene il Timeo, il libro della cosmologia e con l'altra mano indica il cielo, l'aldilà, il concavo; Aristotele, invece, in una mano tiene il libro dell'Etica Nicomachea e con l'altra indica la Terra, il convesso. Essi rappresentano la Nuova Alleanza che stavamo cercando: l'essere umano è la quadratura del cerchio, essi sono nel punto medio tra il quadrato della Terra e la sfera del Cosmo, tra il convesso e il concavo; sulla frontiera, solo lì, è possibile il dialogo, la riconciliazione, la connessione.

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