In genere si crede che la politica sia una professione esercitata dai politici e che essi, e solo essi, debbano decidere cos’è buono e cosa non è buono per le persone, dettare le leggi, farle rispettare e applicare la giustizia in base a una morale predeterminata. In realtà i politici sono quelli che amministrano, attraverso lo stato, la violenza in tutti i suoi aspetti, inclusa quella religiosa.
I politici e le istituzioni politiche portano avanti i propri compiti grazie al potere che ottengono e accumulano attraverso diversi mezzi, per poi generare i meccanismi necessari per legittimare e perpetuare tale potere.
Oggi è urgente cercare alternative a credenze, a forme di governo e a modi di far politica che poggiano sulla sottomissione delle popolazioni da parte di certe minoranze che si attribuiscono il diritto di decidere per gli altri.
È urgente cercare alternative all’esercizio della violenza da parte degli Stati attuata attraverso le forze armate ed istituzioni simili, e mettere queste ultime al servizio dei popoli e non di chi ostenta il potere.
C’è anche l’urgente necessità di costruire reti sociali e istituzioni che favoriscano la partecipazione delle popolazioni al governo dei propri paesi, senza dover delegare la propria vita nelle mani di coloro che esercitano il potere.
Interessante momento storico per discutere su economia e nonviolenza. Se solo fino a un paio di anni fa, per la grande maggioranza degli economisti, era impensabile mettere in discussione il sistema del mercato, il sistema liberale (e logicamente questa opinione non era disinteressata), ora il sistema sta traballando e comincia a fratturarsi in due dei suoi pilastri: la speculazione (la borsa si sgonfia, gli investimenti in materie prime –petrolio, rame, ecc.- seguono movimenti vertiginosamente altalenanti, la catena dei sottoinvestimenti ha dimostrato le proprie falsità) e la banca: una struttura grande e perfetta fino a ieri, mentre oggi, dopo diverse spettacolari cadute, è oggetto di discussione aperta.
Queste fratture hanno raggiunto le aziende producendo milioni di disoccupati.
Finalmente è possibile discutere sulla necessità di riformulare la struttura dell’economia. Grandissime aree del pianeta rimangono ancora immerse nella povertà e nella carestia. Solo con una parte di quanto si è speso per “sostenere” alcune banche, si poteva risolvere il problema della fame nel mondo. Questo è per noi il tema centrale da discutere, invece di parlare se si debba esercitare più o meno controllo sulle banche e sulle borse, affinché non rischino o non truffino. Non ci sembra né pertinente né possibile fare un “lifting” al capitalismo o al sistema del (falso) libero mercato.
Esiste violenza economica quando una minoranza economicamente potente continua ad esserlo grazie allo sfruttamento delle popolazioni. Già alcuni cominciano ad intuire che il progresso di pochi finirà con l’essere il progresso di nessuno. E che non ci saranno né pace né sviluppo se non saranno di tutti e per tutti.
Culture e credenze diverse hanno accompagnato sempre lo sviluppo dei popoli. Le culture si sono mescolate e le credenze si sono evolute dando luogo a grandi civiltà e a nuove accelerazioni nel progresso della storia.
In questo speciale momento storico stiamo assistendo all’incontro di tutte le culture e credenze religiose per la prima volta a livello planetario, in un processo inarrestabile facilitato dallo sviluppo tecnologico e delle comunicazioni.
Tuttavia all’interno di una cultura della violenza, questo incontro senza precedenti rischia di diventare uno scontro di dimensioni planetarie tra culture e credenze differenti, mettendo in moto spirali senza fine di intolleranza e discriminazione.
Al contrario, nella nascente cultura della Nonviolenza, ogni differenza diventa una ricchezza al servizio del progresso, ogni credenza profonda nel divino diventa contributo a un nuovo grande salto nell’evoluzione umana.
Passo dopo passo, a partire da una situazione di totale dipendenza dalle condizioni naturali dell’ambiente, l’essere umano raggiunse progressivamente il dominio del fuoco, dell’energia, dei processi fisico-chimici e biologici.
Oggi, non solo ha imparato a produrre e controllare le reazioni nucleari, il clima, i processi di produzione e riproduzione artificiale della vita, ma si prepara alla manipolazione dei codici genetici, per la trasformazione profonda del proprio corpo e della struttura psichica.
In questo meraviglioso, quasi miracoloso, processo di progressioni e regressioni, (ma sempre in ascesa, in “spirale”) siamo arrivati ancora una volta a un bivio: continuare a perfezionare metodi di dominazione e distruzione, a sviluppare l’industria della guerra, a costruire armamenti che possono mettere fine all’esistenza di questo meraviglioso pianeta azzurro; o manifestarsi coraggiosamente a favore del disarmo, della pace e della nonviolenza per costruire la cultura di una nuova civiltà, umana e universale.
È indispensabile che cessi il pericolo della guerra atomica con lo smantellamento e la proibizione degli armamenti nucleari, per continuare successivamente col disarmo progressivo, fino a far terminare definitivamente il flagello della guerra.
Una delle istituzioni che hanno bisogno di maggiore riflessione in questo momento storico è senza dubbio quella educativa a tutti i livelli.
Le manifestazioni di studenti in tutto il pianeta stanno mostrando che i programmi, le tecniche educative, la preparazione dei docenti, le risorse economiche, ecc., sono ormai obsoleti o insufficienti.
Il grado di violenza che si sta sviluppando dappertutto mette in evidenza il radicale fallimento dei sistemi educativi, a tutti i livelli sociali.
Curiosamente un buon numero di coloro che ostentano cariche politiche, economiche, religiose, sportive, ecc., sono per la maggior parte cittadini “educati” in collegi, istituti e università di prestigio.
Tali manifestazioni sociali ci stimolano a proporre risposte che vadano nella direzione della nonviolenza, partendo dalla necessità di affermare l’essere umano come valore centrale ed il superamento del dolore e della sofferenza come direzione irrinunciabile nell’educazione.
La discriminazione della donna ha una storia lunga migliaia di anni che si è espressa in diverse forme di violenza: fisica, psicologica, economica, nei campi del lavoro e del diritto… Un processo di cambiamento, iniziato al principio del secolo XX, ha raggiunto alcune conquiste sociali e legislative per poi decelerare negli anni ‘80.
È necessario dare forza ad un nuovo processo, dove sia importante decidere –con verità interna- di intraprendere nuovamente una direzione evolutiva, nel tentativo di superare gli elementi regressivi e discriminatori che continuano ad agire per inerzia.
La frattura generazionale attuale si fa ogni volta più profonda, gli “adulti” si impongono con la forza o col denaro. La discriminazione non si limita all’ambito della famiglia, ma si espande all’ambito lavorativo in cui i giovani sono soprattutto vessati con contratti spazzatura, esclusi dai benefici degli altri cittadini.
Esiste un forte parallelismo tra la situazione dei giovani e quella delle donne. Tranne che per alcune eccezioni, non hanno spazio né voce nella società odierna, vengono discriminati e utilizzati quando sono necessari o utili, ma c’è grande indifferenza verso di loro.
Oggi, all’interno di un mondo che si globalizza, e nel quadro del fallimento di tutto il sistema, si rende necessaria una nuova organizzazione sociale, capace di generare altre risposte, più profonde ed integrali, per costruire un mondo nuovo, per tutti.
Sia la salute fisica che quella mentale sono indispensabili per il completo sviluppo di un essere umano. Questo è uno dei diritti umani fondamentali. Pertanto non è possibile lasciarlo nelle mani del mercantilismo e del profitto economico, dipendente dalle sole risorse economiche personali.
Oggi solo il 20% della popolazione mondiale ha accesso a servizi sanitari di qualità accettabile. L’umanità tutta deve garantire la salute di tutti gli abitanti del pianeta, indipendentemente dal luogo o dalla cultura. È responsabilità di ognuno di noi fare il possibile perché questo diritto diventi effettivo ovunque, ma è soprattutto responsabilità dei poteri pubblici il rendersene garanti.
Nonviolenza nella salute è dare all’essere umano il posto che gli corrisponde: essere il valore centrale di ogni attività umana. Non può esserci nulla al di sopra di questo valore.