Osservando l’esperienza dinamica e caotica, nasce la necessità di dare ordine a tutto il sistema d’esperienza. Per farlo abbiamo bisogno di un Metodo.
Etimologicamente, la parola metodo viene dal greco met (dopo che, ciò che sta dopo) e odos (cammino): un cammino per andare più in là di dove ci si trovi.
Un metodo nasce allora come compensazione ordinatrice di fronte all’intero sistema di esperienze disordinate, e consiste in una sequenza di procedimenti, ordinati nel tempo e relazionati tra loro per arrivare ad un fine. Il fine è descrivere nella migliore maniera possibile l'esperienza che abbiamo di un fenomeno, al fine di comprenderlo e di poter agire su di esso.
Il nostro Metodo è detto strutturale poiché non può prescindere da una descrizione dell'oggetto che si sta studiando, senza inserirlo in una struttura di comprensione, tale che l'oggetto si trovi incluso in un ambito di fenomeni che lo contiene (ambito maggiore), che si trovi incluso in un ambito di relazioni con altri oggetti concomitanti (ambito medio), e che sia possibile descriverlo anallizandone le sue parti costituenti (ambito minore). Tale struttura che ne deriva è per il momento un'analisi statica dell'oggetto che stiamo studiando.
Quando prendiamo in considerazione il processo che ha interessato l'oggetto, dalla sua nascita fino al momento che ci interessa studiare e anche oltre, l'oggetto non è più statico, ma cambia nel tempo. Questa attenzione al carattere di temporalità dell'oggetto di studio, assegna al nostro Metodo l'aggettivo di dinamico.
Strutturale e dinamico è il risultato dell'analisi del fenomeno che stiamo studiando, ma soprattutto sono le caratteristiche del pensiero stesso che ha considerato l'esperienza dell'oggetto e l'ha ordinata attraverso i meccanismi del pensare.
Inoltre la denominazione di “Metodo Strutturale Dinamico” pretende -oltre a permettere la sua corretta identificazione- di differenziarlo da altri metodi e, nel contempo, esprime le caratteristiche fondamentali della visione del Nuovo Umanesimo da cui trae origine.
Questa visione e il metodo che qui si studiano partono dagli sviluppi che Mario Rodriguez Cobo (Silo) ne fece in diversi scritti e conversazioni a cui rimandiamo.
Il Nuovo Umanesimo è una visione totalizzante sull’Essere Umano e sul Mondo. Questa visione è prima di tutto un’esperienza che coglie il fenomeno in modo diretto, un’intuizione integrale di tutto l’esistente. Ma l’esperienza è movimento e cambiamento permanenti, e perciò l’esperienza non è operativa in sé, perché non ci permette di operare nel mondo. Pertanto, se avessimo solo l’esperienza non potremmo avere un sistema ordinato del mondo né di noi stessi e non vi potremmo operare con coerenza.
La coscienza umana ci appare con una doppia capacità. Da un lato quella di cogliere in modo diretto i fenomeni del mondo esterno ed interno, e dall’altro quella di spiegare, attraverso il pensiero, questa esperienza, nel tentativo di comprenderla ed esprimerla.
Il Metodo è l'applicazione diretta di questa visione e la formalizzazione di procedimenti dei meccanismi del pensiero.
Silo spiega che un metodo che si proponga come “regole del corretto pensare”, come pretende la Logica classica, non può avere altro fondamento che l’osservazione della struttura e della dinamica del pensare stesso.
Quando facciamo attenzione ai meccanismi basilari del pensare, alla struttura del pensare, per prima cosa osserviamo che il pensare è sempre pensare a qualcosa. Non esiste il pensare senza oggetto e non esiste oggetto senza l’atto di pensarlo.
Questo definisce la struttura essenziale del pensare: la struttura atto - oggetto. Questa non è una struttura statica ma ha una dinamica data in principio dal riferimento dell’atto verso l’oggetto. Il pensare ha una direzione.
Questo riferimento della coscienza ad un oggetto, questo atto che cerca il suo oggetto, è a sua volta inquadrato dall’interesse. Gli oggetti in sé non hanno interesse, ma condizionano l’interesse che hanno per noi. Ciò significa che la coscienza si dirige ai fenomeni e che questi, per loro natura, impongono un limite all’interesse. È in questa retroalimentazione continua tra l’atto e l’oggetto, tra la coscienza e il mondo, che si realizza questa struttura dinamica che permette, tra l’altro, l’adattamento crescente all’ambiente.
Come procede l’interesse? Procede per differenziazione. Fissando un interesse, necessariamente scarto tutto ciò che non ha relazione con esso, e quante più differenze si stabiliscono, più si differenzia l’oggetto a cui ci riferiamo.
Ma se potessimo solamente differenziare non potremmo costruire niente, perché tutto si esaurirebbe in un processo di infinite differenziazioni. Alla capacità basilare di differenziare si associa quella di mettere in relazione le differenze. La relazione tra differenze è detta complementazione.
La dinamica osservata conduce a stabilire nuove relazioni, relazioni tra le relazioni, che saranno pertanto relazioni tra differenze di differenze. Ponderando le diverse relazioni si potrà comporre un tutto strutturale del fenomeno, che chiameremo sintesi.
Questa tendenza dà impulso al pensare in regioni ogni volta più ampie. Se consideriamo la struttura coscienza-mondo, vedremo operare questa meccanica di differenziazioni, complementazioni e sintesi ogni volta più complesse, orientando la coscienza in una crescita continua.
Portando questa capacità al limite, troviamo che le astrazioni più vaste del pensare si riferiscono all’Essere.
Il nostro sviluppo logico parte da una concezione dell’Essere per cui “non esiste l’Essere in generale, ma esso è la massima astrazione del pensare a cui si arriva attraverso operazioni concatenate di differenziazioni nel pensare”.
Detto in altre parole, l’Essere è un fenomeno della coscienza. Essa lo elabora quale l’astrazione più ampia e generalizzata.
Questa affermazione, che sembra una “antimetafisica”, non nega l’esistenza delle cose, ma di un essere astratto, fermo e atemporale.
Da questa affermazione radicale, basata sull’osservazione dei meccanismi del pensare, derivano i Principi, le Leggi e il Metodo stesso.
I Principi sono le articolazioni più ampie possibili del pensare, e servono per spiegare il comportamento degli enti e delle cose. Coerentemente con ciò che abbiamo spiegato, possiamo sintetizzare i principi logici da cui partiamo nei seguenti enunciati:
Non esiste essere senza manifestazione. Da questo deriva che non possiamo parlare di ciò di cui non abbiamo nessuna manifestazione.
Ciò che “è” e ciò che “non è” ammettono diversi gradi di probabilità e di certezza. Il principio indica che le cose non sono “vere” o “false”, ma che si può riconoscere un continuum di probabilità tra “ciò che è” e “ciò che non è”.
Non è possibile che qualcosa “sia” e “non sia” allo stesso tempo e nello stesso senso. Una cosa può essere differente da sé stessa se cambia il momento o il senso in cui la consideriamo.
L’essere “è” e “non è” identico a sé stesso a seconda se lo consideriamo come momento o come processo. È simile al principio precedente ma in un altro contesto, e spiega che, considerato come momento, l’“essere” è identico a sé stesso, ma considerato come processo “non è” identico a sé stesso.
le Leggi Universali da cui noi partiamo, non possono essere spiegate a partire da esperienze di natura particolare, bensì da una esperienza totalizzante, dalla comprensione dei meccanismi del pensare. Le stesse devono permettere di dar conto del comportamento di tutti i fenomeni esistenti.
Le Leggi Universali si esprimono attraverso quattro enunciati di base:
Niente esiste isolato, ma in relazione dinamica con altri esseri all’interno di ambiti condizionanti.
Ogni processo è determinato da relazioni di simultaneità con processi dello stesso ambito e non da cause lineari del movimento precedente da cui proviene.
Tutto nell’Universo è in evoluzione e va dal più semplice al più complesso e organizzato, secondo tempi e ritmi ciclici.
La continua evoluzione dell’Universo mostra il ritmo di differenziazioni, combinazioni e sintesi ogni volta di maggiore complessità. Le nuove sintesi accolgono le differenze precedenti ed eliminano materia ed energia qualitativamente non accettabili per i passi più complessi.
Riassumendo l’applicazione del Metodo, dividiamo i procedimenti in tre tappe:
E' stato elaborato un seminario pratico di tre giorni per lo studio del Metodo Strutturale Dinamico dal Centro Studi Umanista di Buenos Aires.
Il Metodo Strutturale Dinamico - Teoria e Pratica, Jorge Pompei et al., CEHBA, ed. 2008/06 (ESP)
Il Metodo Strutturale Dinamico - Teoria e Pratica, Jorge Pompei et al., CEHBA, ed. 2008/06 (ITA)
In Italia sono stati organizzati diversi seminari nelle principali città. Se sei interessato a partecipare ad un seminario sul Metodo, scrivici: info(at)csusalvatorepuledda.org