Disertori dell'infelicità

Sara Marte

Ciclo di Incontri “IspirataMente” - Libreria Assaggi – Roma
20 settembre 2011

Diverse scienze si occupano della vita umana da differenti punti di vista. La sociologia studia le aggregazioni umane; la biologia, l’anatomia, la fisiologia studiano il corpo; la psicologia il comportamento psichico. Noi vogliamo affrontare il tema della vita umana dal punto di vista esistenziale, fenomenologico: ci occuperemo del particolare dell’esistenza umana, di cosa ci succede la sera quando, tornando a casa, riceviamo uno sgarbo o una carezza; ce ne occuperemo chiedendoci da dove veniamo e verso dove andiamo. Non abbiamo una scienza su questi temi, ma una posizione, un punto di vista discretamente arbitrario.

In tutte le specie lo sviluppo si basa su un meccanismo in cui si tende a un equilibrio con un ambiente però mutevole. L’ambiente cambiando genera un disequilibrio nella specie vivente, che reagisce con una risposta riequilibratrice. Così, se sono una pianta e nel mio ambiente inizia a mancare l’acqua, si libererà nella mia linfa un ormone che farà allungare le mie radici, nel tentativo di ristabilire il giusto livello di umidità. Così, se sono un animale e ho fame mi muovo verso il cibo.

Questo meccanismo funziona anche nell’uomo, nel quale però ci sono peculiarità. La risposta che diamo alle situazioni può essere pensata, riflettuta, progettata. Nell’uomo, infatti, si amplia enormemente l’orizzonte temporale. Da un lato la nostra specie può accumulare informazioni al di là del proprio ciclo vitale: c’è trasmissione di conoscenze da una generazione all’altra. Un animale è sempre il primo animale, il tigrotto impara a cacciare da mamma tigre, ma non imparerà di più dell’esperienza diretta del proprio genitore. Ma un bambino no, un bambino va a scuola e impara la geometria euclidea, la fisica newtoniana e un bagaglio di conoscenze accumulate in millenni di storia. D’altra parte anche il futuro non è solo quello immediato. Perché anche nelle specie animali vediamo un rapporto col futuro, vediamo ad esempio speranze, ma il loro futuro è molto corto. Il cane di mia madre, quando lei torna a casa, spera con tutto se stesso che lei lo porti a spasso, ma non fa intorno a questo grandi progetti e in generale non si fa grandi domande. Noi abbiamo la capacità di immaginare un futuro che può essere anche molto lungo, anche più dell’arco della nostra vita personale. E le cose che facciamo hanno una relazione con questo futuro perché ce la hanno i nostri desideri, le nostre aspirazioni. Ci muoviamo per costruire situazioni che ci sembrano valide e, in base a ciò che immaginiamo nel futuro, cambia la nostra valutazione su ciò che è bene fare nel presente. È un modo tutto umano di dare un senso alle azioni mettendole in rapporto con un futuro immaginato: le azioni si riempiono di significato, in esse appare una direzione.

La storia della nostra specie può essere inquadrata in vari modi. Personalmente, mi piace vederla come un progressivo tentativo di ampliare le proprie possibilità, il proprio spazio di libertà, animato in molte situazioni da una ribellione intellettuale a quello che in un momento appare come determinismo, come condizione data, stabilita, apparentemente immodificabile. Certamente, se le specie animali e vegetali impiegano le loro risorse nell’adattamento all’ambiente, la nostra specie ha impiegato l’energia che aveva a disposizione per trasformare quest’ambiente. Andando oltre, l'ha usata per modificare il suo stesso corpo e il proprio pensare. La storia della nostra evoluzione può essere vista come la storia di come abbiamo reso disponibile sempre maggiore energia per evolvere. Questa tendenza del Sapiens alla trasformazione sia dell’ambiente che di se stesso ha una direzione: il benessere del corpo, superando tutte le forme di dolore, e la felicità, superando la sofferenza della mente.

In questo percorso ci troviamo infatti con cose strane, come ad esempio queste: le grotte di Lascaux. Tutti conosciamo queste immagini: i cavalli, i tori… Il toro però è molto più grande di chi l’ha dipinto, e si trova in posizioni improbabili, difficili da raggiungere. Siamo molto in profondità nelle viscere della terra. Questa è la grotta di Niaux: questo dipinto si trova a 2 km di profondità. Questo significa camminare per 2 km, dovendo illuminare perché le grotte sono buie, col rischio di incontrare animali, terreno sconnesso, altri rischi, per arrivare in una sala ugualmente buia e decidere di affrescarla. E siamo nel paleolitico, con mezzi certo minori di adesso. Secondo molti studiosi, non si tratta di immagini a scopo propiziatorio per la caccia: la dieta di queste popolazioni era totalmente diversa dalle specie che vengono raffigurate. Non erano queste le specie cacciate. Non ci sono oggetti per ferire, né azioni, né riferimenti spaziali. Di cosa si tratta allora? Secondo Vialou, studioso di paleoantropologia: “Per la prima volta nella lunga preistoria dell’umanità, l’immaginario ha dato luogo al mito e le forme da esso scaturite hanno incarnato il senso delle cose.”

Quello che vogliamo sottolineare è come, anche in condizioni molto più complicate delle nostre dal punto di vista pratico, la nostra specie abbia impiegato grande energia non solo per la risoluzione di problemi materiali, fisici, ma per cose che inspiegabilmente sembravano avere un grande senso, un grande valore in se stesse, connesse in qualche modo al significato dell’esistenza. Tornando alle peculiarità della specie umana, abbiamo un’enorme ampiezza temporale e un’intenzionalità che permette di dare significato alle cose. Forse è un azzardo, ma si potrebbe dire che la caratteristica fondamentale dell’uomo è quella di essere e costruire il senso del mondo. Se, a livello individuale, ci poniamo la domanda «Verso dove vado?», ognuno di noi penserà cose diverse, ma la ricerca della felicità è probabilmente comune ad ogni esistenza: passata, presente e futura. E, nella nostra specie, la felicità avanza nella misura in cui la vita acquista senso. Per questo l'essere umano ha impiegato, nella sua storia, tante energie in azioni apparentemente prive di risvolti pratici. La felicità è fortemente legata alla scoperta e messa in atto di quello che per noi ha un senso. Se per l'essere umano di decine di migliaia di anni fa era un atto pieno di significato tramandare la propria immagine del mondo, densa di spiritualità, rappresentandola sulle pareti di una caverna, per noi che siamo qui oggi questa è forse una domanda aperta. Personalmente lo è: non mi è facile rispondere in modo pieno e definitivo alla domanda su quale sia il significato della mia vita. Tuttavia, riconosco che in alcuni momenti sperimento l'esistenza con più pienezza. Cosa allora mi avvicina alla sensazione di senso profondo?

La maggior parte delle nostre azioni quotidiane ha carattere di routine, si basa su abitudini. Ci sono un sacco di cose che ci vengono richieste dalla situazione in cui viviamo, “richieste” alle quali rispondiamo in un modo o un altro. Spesso le nostre risposte si sono codificate in noi anche molto tempo fa. Tutte queste azioni quotidiane non ci danno in genere sensazioni molto speciali, saranno magari un po’ gradevoli o un po’ sgradevoli o neutre.

Ci è capitato però anche di fare azioni che ci hanno dato una sensazione di pienezza, che ci hanno fatto sentire di crescere e di essere in grande accordo con noi stessi. Una prima caratteristica di queste azioni è la sensazione di unità nel momento in cui le abbiamo compiute: le abbiamo fatte con ogni parte di noi stessi. Sia il nostro sentire, sia il nostro pensiero erano d’accordo con quello che stavamo facendo. C’è differenza tra lo sperimentare questa sorta di unione tra il pensiero, il sentire e quello che facciamo, e una situazione forse molto più comune in cui non sono molto d’accordo con me stessa. Ad esempio, non sempre sono d’accordo con ciò che sento. «Non dovrei arrabbiarmi in questa situazione», mi capita di dirmi, mentre dentro però fremo. Che io manifesti o no quello che sento, mi trovo comunque con un problema, e cioè che sono io la prima a non andare d’accordo con qualcosa di me. La sensazione che ho è un po' di un vicolo cieco, perché qualsiasi cosa decida di fare non mi piace. Se però trovo il modo di cambiare punto di vista, di accettare questa arrabbiatura, posso rasserenarmi.

Posso immaginare una vita in cui io riesca a mettere sempre insieme il pensare, il sentire e l'agire in modo armonico? Non lo so. Ad oggi, vedo che sono divisa in molte piccole cose. Però vedo anche che lo sono meno di qualche tempo fa, e riconosco che anche se l'unità definitiva è un'utopia, mi pare un'utopia verso la quale valga la pena di camminare, perché avanzando sto sempre meglio. E riconosco, in questa possibilità di felicità e pienezza che cresce sempre di più, un'apertura e un sapore di significato. Tornando a queste azioni che ci danno una sensazione positiva per il solo fatto di realizzarle, un’altra caratteristica che hanno è l'impressione che qualcosa sia migliorato dentro di me quando le ho compiute. Magari non so neanche perché, ma se potessi ripetere questo tipo di azioni crescerei molto: sono azioni che, nella sensazione che ci lasciano, sono molto legate al futuro, anche se non necessariamente riguardano progetti e non le abbiamo affatto pianificate in relazione al nostro futuro. In esse esercito la mia libertà e la mia creatività, uscendo dall'abitudine, dalla risposta codificata, da ciò che ho sempre fatto. C'è una scintilla di quella ribellione allo stabilito che ha alimentato tanta della nostra evoluzione come specie nella ricerca di un punto di vista coerente con ciò che sento. Cosicché, quando riesco ad uscire dal velo di anestesia del quotidiano e riesco a percepire il futuro e la libertà in me e nell’altro, sto facendo qualcosa che ha a che fare con le caratteristiche evolutive di me come essere umano, come parte di una specie che da millenni condivide le mie ricerche.

In sintesi Lo sviluppo delle società è legato allo sviluppo dei singoli e non può prescindere da esso. All’inverso, in una società progredita e auspicabile lo sviluppo personale dei singoli è tra i massimi valori. Quando parliamo di sviluppo, possiamo inquadrarlo come una progressiva liberazione di energia, che si rende disponibile per la realizzazione di qualcosa di nuovo, aprendo nuove possibilità. In questa tendenza all’apertura di nuove possibilità della nostra specie non vediamo solo la spinta a risolvere le necessità fondamentali e fisiche, ma la ricerca del significato dell’esistenza, la riflessione sulle proprie origini e il proprio destino. A livello personale, osserviamo che ci sono azioni che sono per noi piene di significato, che ci danno la sensazione di crescere, di realizzarci. Crediamo che la felicità sia fortemente legata alla scoperta e messa in atto di quello che per noi ha un senso profondo.